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Locarno 2014, “Lucy” di Luc Besson e lo spettacolo all’ennesima potenza

Si è inaugurato ufficialmente il 6 di agosto il festival del film di Locarno. L’emozione si poteva toccare con mano in Piazza Grande, gremitissima di gente che ha accolto, trepidante, la voce rauca e la silhouette hitchcockiana di Jean Pierre Leaud, ospite d’onore della serata a cui è stato consegnato il Pardo alla Carriera. Sul palco anche Melanie Griffith, protagonista del cortometraggio Thirst della regista debuttante Rachel McDonald.

Grande attesa anche per Lucy di Luc Besson, con cui la critica non è stata affatto generosa visto che ha bocciato all’unanimità la sua ultima fatica, ed effettivamente non le si puo dare tanto torto. Lucy è uno strano ibrido, a metà tra fantascienza, film d’azione, thriller e, perché no, il documentario naturalista. Senz’altro è originale il tentativo di ibridazione dei generi e apprezzabile lo sforzo di rinnovarsi sempre: “la mia grande paura è di fare sempre lo stesso film ed è una cosa che non mi interessa”, ma l’ambizione alle volte non paga e Lucy è pretenzioso e grossolano nonostante il messaggio cyberspirituale suggerito nell’ultima sequenza: “parliamo sempre di Dio da ma non lo abbiamo visto, in Lucy cerco di spiegare la religione: se possiedi il tempo sei dappertutto, la definizione di Dio è che è ovunque”.

lucy

Nonostante gli evidenti rimandi a film cult come Matrix e 2001: Odissea nello spazio e le citazioni colte (la Creazione di Adamo di Michelangelo), Lucy è un film debole, scarso di intuizione e dei necessari voli dell’immaginazione. Il genere umano utilizza solo il 10% delle potenzialità del proprio cervello: cosa succederebbe se si avesse accesso al 100%? Facile: si potrebbero sgominare orde di malviventi coreani scaraventandoli a destra e a manca o facendoli cadere come mosche con la sola forza del pensiero, guidare in controsenso in rue de Rivoli a Parigi come su una banalissima console Nintendo, viaggiare per il mondo in un nanosecondo comodamente seduti sulla propria poltrona ed, infine, attraversare le epoche dell’umanità (ordinate in maniera rigorosamente cronologica come su un sussidiario delle scuole medie) con un semplice gesto della mano, proprio come se sfogliassimo le pagine di un tablet. Insomma, sorge pure il dubbio che l’intera operazione sia frivola e canzonatoria e non manca, in effetti, qua e là, uno humour grossolano e distensivo: come interpretare altrimenti la summa della conoscenza che Lucy consegna agli emeriti scienziati e che è condensata in una ridicola chiavetta usb?

Se il fascino di una grande opera d’arte deriva anche dalla sua capacità di essere profetica, di anticipare i tempi, è facile misurare il ritardo che sconta il film di Besson rispetto alla tecnologia attuale e ai relativi assunti filosofici.

Se Lucy non è un film visionario, chiaroveggente, avveniristico (tanto che alla fine alla protagonista non resta che fare marcia indietro e andare a visitare la sua antenata) anche sul piano dell’intrigo secondario non funziona, con grande delusione per tutti gli amanti dei film d’azione. Lucy, una ragazza semplice, “fragile”, “nella media”, viene rapita da un gruppo di narcotrafficanti coreani e, per errore, assorbe una droga potentissima che aumenta esponenzialmente la sua attività neuronale. Ben presto diviene invincibile, tanto che nessuno è in grado di contrastarla, neppure i malavitosi asiatici; eppure Besson glieli mette tra i piedi fino alla fine del film facendo credere che possano costituire una reale minaccia: evidentemente ha deciso di ripiegare sull’azione per non affrontare la vera questione in gioco, sicuramente più complessa ma anche più avvincente.

Besson si è affidato alla Industrial Light and Magic di George Lucas per la concezione e realizzazione degli effetti speciali, rivendicando, con questo film, il “controllo e potere assoluto del creatore sulla propria opera”. Tuttavia, pare piuttosto che il demiurgo si sia fatto accecare dai propri superpoteri, confezionando un film che, nonostante il maquillage spettacolare, poco ci dice circa la “trasmissione della conoscenza”, il funzionamento del nostro cervello e il destino del genere umano.

Besson ha dichiarato di volersi sempre rinnovare ed è per questo che, a quest’ora, non è al suo Nikita n.8, o Léon n.12; ecco, speriamo che onori tale proposito anche per Lucy, una è piu che sufficiente.

Tutto sommato, pero, Besson non ha di che preoccuparsi, il suo film sarà un blockbuster: gli strali che la critica gli ha scagliato contro non sono che punture di zanzara per un colossal che si è assicurato la distribuzione in un’ottantina di paesi, primo tra tutti gli Stati Uniti: insomma, più che Dio è Hollywood che è ovunque.