« Il tesoro dell’alba è la sapienza » è scritto su un frammento etrusco tradotto dall’ Archeologo, uno dei pensionanti di Villa Medici nel film di Eugène Green La sapienza.
Con forza il passato irrompe nel presente ma il senso di quelle parole non è fatto per essere compreso con il solito armamentario intellettuale. La Sapienza non è un film per saccenti ‘farisei’ ; questi ultimi tenteranno con ogni mezzo di demolirlo con la ragione condannandone l’estetismo, la vacuità, se non addirittura la futilità e l’intellettualismo.
La Sapienza è un percorso di iniziazione e per intraprendere questo cammino è necessario un atto di fede da parte dello spettatore, anche nel senso più laico del termine, e cioè la predisposizione ad un totale abbandono.
D’altra parte è questa la condizione dello spirito cui Eugène Green si predispone quando stende la sceneggiatura di un libro o di un film : « l’idea per un romanzo o una sceneggiatura mi viene di grazia, come un’illuminazione », « Comincio a stendere la storia lasciandomi andare », « La struttura a cui si può ricondurre il mio pensiero è il mito: gli elementi narrativi sono una verità in sé, solo in un secondo momento ne capisco il senso » , e « La sapienza è una storia che parla di una separazione, di un sacrificio e dell’amore ».
Lo stesso percorso di ‘purificazione’ viene richiesto agli attori che, più che interpretare una parte, donano la loro interiorità, « per questo non voglio che gli attori mettano delle intonazioni psicologiche, che sono sempre codificate ; abbiamo finito col considerarle come vere e autentiche ma non lo sono », « richiedo agli attori un rifiuto della ricerca intellettuale, li invito a pronunciare le battute come se parlassero a se stessi, solo cosi emerge l’interiorità ».
Per Fabrizio Rongione e Christelle Prot è fondamentale, per svincolarsi dalle maglie dei condizionamenti psicologici, imparare perfettamente a memoria il testo e « lavorare sulla musicalità e la fluidità del fraseggio, utilizzando le liaisons per evitare i tic psicologici ». Rongione dichiara che quando lavora con Eugène Green, « si ha l’impressione di essere come Gesù sulla croce, nel senso che si risvegliano delle emozioni che non si vivono quando l’interpretazione è psicologica : Green obbliga l’attore a trovare un vuoto dal quale sorgono le emozioni ».
L’idea de La Sapienza è nata dalla fascinazione del regista per l’architetto barocco Borromini, sul quale aveva già svolto degli studi negli anni Settanta. A quell’epoca già meditava di fare un film storico ma poi, praticando il cinema, si accorse che ciò che gli interessava veramente era il rapporto tra passato e presente. Di qui nasce il personaggio principale, Alexandre (Fabrizio Rongione), un affermato architetto parigino che attraversa una crisi esistenziale che risolverà attraverso un viaggio in Italia, accompagnato dalla moglie Aléonor (Christelle Prot) e poi da Goffredo (Ludovico Succio), uno studente di architettura con il quale riscoprirà a Roma le architetture di Bernini e Borromini. A contatto con il giovane ed entusiasta Goffredo, Alexandre riscopre la ragione profonda del suo mestiere : « l’architettura è la creazione di uno spazio, di un vuoto riempito di gente e di luce ».
La Sapienza è un film letteralmente inondato di una luce pomeridiana calda, confortante e serena. I dialoghi sono cesellati con una punta di diamante e interrotti sapientemente per lasciare il posto alla scintilla di un’intuizione. Le frequenti e inattese sortite di humour contribuiscono anch’esse all’atmosfera sospesa e carica di significato del film. Il cammino di conoscenza che intraprende Alexandre è scandito da ‘vuoti pieni’ all’immagine dei volumi perfetti disegnati dalle cupole barocche. La riconciliazione con gli affetti, il mondo e la vita, che si materializza nell’abbraccio sensuale della compagna nell’ultima scena, testimonia del suo approdo alla “sapienza”, uno stato di grazia che alla conoscenza delle cose ne unisce la saggezza, ovvero la capacità e l’equilibrio nel giudicarle.
Il film di Eugène Green è un invito a predisporsi a questa nuova condizione dello spirito donandocene l’atmosfera, l’architettura e l’incanto.